domenica 20 dicembre 2020

Il profeta Maometto era davvero analfabeta?

Nascita di Maometto, Museo Topkapi
Quando ci avviciniamo alla figura e alla vita del profeta Maometto, non possiamo fare a meno di notarne una caratteristica in particolare, evidenziata tanto dai fedeli musulmani quanto da biografie e studiosi non solo di religione islamica: il presunto analfabetismo. Davvero Maometto non era in grado di leggere e scrivere? 

Il profeta è definito “al-nabi al-ummi”, in cui l’aggettivo “al-ummi”, nella tradizione, starebbe proprio a significare “illetterato”. In realtà la parola in questione, come fanno notare studiosi del calibro di Carlo Alfonso Nallino, ha un secondo significato. Deriva, infatti, dal termine arabo “umma”, ovvero “comunità”. Questo è il termine che designa la società araba e, con l’espansione dell’Islam, l’intera comunità islamica. Dunque la suddetta espressione potrebbe essere tradotta anche in un altro modo, cioè “il profeta degli arabi”. 

Questa precisazione non rappresenta certo una prova in grado di smentire il presunto analfabetismo di Maometto, ma si tratta comunque di un particolare rilevante se vogliamo comprendere meglio la vita del profeta e il suo cammino spirituale. Nella prima biografia del Profeta, scritta dallo storico Ibn Ishaq (704-761/767) e curata dal “collega” Ibn Isham (morto nell’833), fonti autorevolissime in materia, viene riportato il racconto della prima rivelazione; un evento cruciale nella vita di Maometto e nella storia della Penisola Araba, avvenuto durante una delle ultime notti del mese di Ramadan del 610 sul monte Hira, luogo prescelto dal fondatore dell’Islam per le sue meditazioni. 

Come vuole la tradizione questo resoconto viene narrato da Maometto stesso e vi troviamo un verbo in particolare, che è fondamentale nel nostro discorso: “Dormivo, quando Gabriele mi portò un panno di seta coperto di lettere e mi disse: ‘Leggi!’. Risposi: ‘Che devo leggere?’. Allora mi strinse nel panno in modo tale che credetti di morire. Poi mi lasciò libero emi disse ancora: ‘Leggi!’ (Il dialogo si ripete per tre volte). Alfine domandai che cosa dovevo leggere, per timore che mi trattasse ancora come aveva fatto ed egli disse: ‘Leggi, in nome del tuo Signore, che ha creato, ha creato l’uomo da un grumo di sangue. Leggi, ché il tuo Signore è il Generosissimo, Colui che ha insegnato l’uso del calamo, ha insegnato all’uomo ciò che non sapeva. Così io lessi e Gabriele mi lasciò…”. 

In questo brano ritroviamo i primi cinque versetti della sura XCVI, al-Alaq: “Leggi! In nome del tuo Signore…Leggi, che il tuo Signore è il Generosissimo, Colui che ha insegnato mediante il calamo, che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva”. Possiamo dedurre da questi versetti e dalla narrazione degli storici Ibn Ishaq e Ibn Isham che Maometto sapesse leggere? Nell’introduzione alla sua traduzione del Corano, il grande studioso Alessandro Bausani mette in evidenza il versetto 5 della sura XXV, ovvero la “Sura della Salvazione”, in cui possiamo leggere: “E dicono ancora: ‘Sono favole antiche, che si è scritto sotto dettatura da mattino a sera”. 

I detrattori del profeta, dunque, lo accusavano di aver inventato la rivelazione e di essersi scritto da solo il Libro Sacro. Ciò significa che lo ritenevano in grado di leggere e scrivere. Non sembra un dettaglio da trascurare. Certo, gli studi hanno poi dimostrato che furono i compagni di Maometto a riportare le rivelazioni su supporti di fortuna (tessuti, foglie di palma e così via). Tutte queste parti staccate tra di loro, pezzi sparsi, vennero messe insieme e riordinate su ordine di Uthman, (574-656) il terzo califfo rashidun (ben guidato). 

Fu lui, dunque, a curare, a promuovere la “prima edizione manoscritta” del Corano. Tuttavia ciò non scalfisce l’opinione dei contemporanei del profeta sulle sue presunte capacità di lettura e di scrittura. Andiamo avanti. Nel 628 Maometto trattò la pace con i nemici meccani che non si erano convertiti all’Islam. La tregua venne sancita da un documento, il Trattato di Hudaybiyya, che il profeta avrebbe letto e firmato. Sembra, però, che a scriverlo sia stato il genero Ali. Maometto potrebbe averlo davvero firmato ma questo non significa che avesse la piena padronanza della lingua scritta e, quindi, che sia stato in grado di leggere il documento per intero. Inoltre gli studiosi tendono a escludere la possibilità che il profeta abbia scritto delle lettere riservate ai capi politici dell’epoca, chiedendo loro di convertirsi all’Islam.

Oltre all’ostacolo linguistico, è davvero poco probabile che queste lettere giungessero a destinazione. Non parliamo, poi, della possibilità che il messaggio contenuto venisse letto e recepito. Inoltre missive di questo tipo dovrebbero seguire una precisa struttura, avere una “veste” diplomatica rigidamente codificata. Tutte conoscenza che, forse, Maometto non possedeva. Non dimentichiamo, poi, che in epoca preislamica la scrittura araba non era un mezzo di trasmissione di concetti usato quotidianamente, anche perché non aveva ancora raggiunto il livello di elaborazione e raffinatezza che conosciamo oggi. La via privilegiata per la trasmissione di conoscenze era quella orale

Se proviamo a tenerci in equilibrio tra due teorie opposte, potremmo ipotizzare che Maometto avesse una conoscenza di base della scrittura, che magari fosse in grado di firmare e di vergare poco altro. Insomma, non è escluso che il profeta non fosse del tutto analfabeta, ma che avesse almeno una minima padronanza della scrittura araba. Un’abilità di lettura e scrittura almeno sufficiente per aiutarlo nel suo mestiere di carovaniere, per esempio. Purtroppo, però, non abbiamo certezze che possano confermare o smentire il presunto analfabetismo del profeta Maometto. 

La tradizione ci porta a credere che il fondatore della religione islamica non avesse alcuna conoscenza della lingua araba scritta. Sarebbe interessante fare delle nuove ricerche in tal senso, tentare di trovare eventuali prove, benché la distanza temporale non ci aiuti affatto. Resta la potenza di un messaggio che ha attraversato i secoli e il carisma di un personaggio la cui esistenza è, ancora oggi, oggetto di studi e di dibattiti e che ha ancora molto da dirci.

Bibliografia

Nallino Carlo Alfondo, "Vita di Maometto", Istituto per L'Oriente, 1946;

a Cura di Bausani Alessandro, "Il Corano", Rizzoli, 1996;

a cura di Piccardo Hamza Roberto, "Il Corano", Newton Compton, 2006;

a cura di Mandel Gabriele, "Il Corano", "Il Corano", Utet 2006.





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