lunedì 30 luglio 2012

Rose d’Arabia. Racconti di scrittrici dell’Arabia Saudita

Rose d’Arabia è una piacevole scoperta, un intrigante viaggio all’interno della letteratura femminile saudita. 

La professoressa Isabella Camera D’Afflitto, curatrice del volume, nella sua introduzione pone l’accento sulla insufficiente notorietà e sulla giovinezza di questa letteratura che, invece, meriterebbe una più ampia risonanza. 

I molti pregi dei racconti presenti in questa raccolta ci restituiscono un’immagine vivida dell’Arabia Saudita. Narrazioni ad alto livello stilistico ci fanno scorgere una realtà sfumata, in costante movimento e mai statica di un Paese ricchissimo di petrolio e contraddizioni.

Le autrici, donne colte ed indipendenti, non si sono limitate a parlare del mondo in cui vivono, ma hanno saputo dare libero sfogo alla fantasia; non solo storie di denuncia quindi, ma anche descrizioni e analisi di stili di vita diversi, accanto a racconti senza tempo, dalle trame e dai finali sorprendenti. 

Inoltre la curatrice dell’opera mette in evidenza una questione molto importante e su cui ancora si dibatte: il benessere materiale non è affatto inconciliabile con il fermento culturale. Il fatto che l’Arabia Saudita viva in gran parte grazie ai petrodollari, non significa che la cultura sia schiava del denaro o che da questo sia stata uccisa. 

Al contrario: la ricchezza spinge gli artisti e gli intellettuali a creare senza preoccuparsi delle necessità materiali, oppure a ragionare sulle contraddizioni del mondo in cui vivono, sui motivi che stanno alla base dell’infelicità o dell’incomprensione, a cui nemmeno i soldi possono dare una definitiva soluzione. 

Molti ritengono che le donne saudite siano esclusivamente anime sottomesse. Non è cosi: l’Arabia Saudita ha fatto passi in avanti, se pensiamo, per esempio, all’istruzione femminile, ai circoli letterari, all’accesso femminile nel mondo del lavoro. Certo, il cammino è ancora lungo, ma ritenere che queste donne siano esclusivamente mogli e madri, senza altri sbocchi o interessi, è sbagliato. 

I temi affrontati dalle autrici di questa interessante antologia sono molteplici: poligamia, matrimoni combinati, emancipazione femminile, ripudio, distanza generazionale, amore, morte e politica. 

Ogni scrittrice ha uno stile da scoprire, frutto di esperienze e background sociali e culturali diversi. In questi racconti temi riguardanti il mondo arabo e musulmano si sposano alla perfezione con modalità narrative occidentali. 

Tra le opere vi segnalo La Pioggia Rossa, in cui la protagonista trova nella pittura un’oasi di felicità, rifugio da un matrimonio infelice e da ingiuste costrizioni. O, ancora, Un’Altra donna, in cui è la letteratura il riscatto per una vita migliore; E Calò il Sipario, denuncia di una realtà maschilista e violenta, Diario Scolastico, racconto incentrato sull’educazione esageratamente repressiva ed umiliante impartita alle donne.

Rose d’Arabia è un piccolo gioiello destinato non solo a chi ha studiato il mondo islamico, ma anche a chi vuole conoscerlo da appassionato, o semplice curioso. E’ davvero uno di quei libri che “allargano gli orizzonti”. Leggetelo e scoprite il mondo di cui parla, senza pregiudizi. Non ve ne pentirete. 

Dati del Libro

Titolo: Rose d’Arabia. Racconti di scrittrici dell’Arabia Saudita
Autore: Autori Vari 
Curatore: isabella Camera d’Afflitto 
Casa Editrice: Edizioni e/o 
Collana: le Rose 
Anno: 2001 
Pagine: 148 
Prezzo: 12,91 euro 

Descrizione 

I racconti di questa antologia offrono una panoramica di uno degli universi femminili più nascosti della nostra epoca. L'higiab, il tradizionale velo nero delle donne saudite è il simbolo della condizione femminile in Arabia Saudita e una presenza ingombrante in molti di questi racconti. La società saudita è rigidamente divisa in due, uno sdoppiamento tra popolazione maschile e popolazione femminile unico al mondo: doppie università, doppie redazioni di giornali, doppi ospedali, doppi ministeri, ma anche doppi e separati ingressi negli uffici e nei ristoranti. La novità è il ruolo sempre più dinamico che le donne saudite rivestono nella vita professionale del loro paese, creando contraddizioni nell'ordine tradizionale che vede la donna subalterna.

venerdì 27 luglio 2012

Il Femminismo Islamico: donne in prima linea nella lotta per l’emancipazione

Con questo post introduttivo si inaugura una nuova sezione tutta dedicata al femminismo nel mondo arabo-islamico. 

Esistono ancora, purtroppo, persone che non conoscono le forti spinte per la rivendicazione dell’emancipazione e dei diritti umani per cui hanno lottato e continuano a lottare molte musulmane e cristiane

Il femminismo non è solo occidentale come, del resto, non lo è nemmeno il concetto di libertà. Molte donne, provenienti da diversi background culturali, religiosi e sociali, si sono esposte senza paura al fine di garantire un futuro migliore alle figlie, alle mogli, alle sorelle e alle madri nate e cresciute in Paesi arabi e/o musulmani. 

Il femminismo arabo-islamico non è certo un fenomeno recente: ha alle spalle più di un secolo di storia che l’Occidente sta riscoprendo poco a poco. I movimenti femminili, creatisi tra Ottocento e Novecento, hanno seguito un percorso parallelo a quello per la costruzione delle identità nazionali e dell’indipendenza politica. 

Purtroppo c’è sempre stata una certa resistenza a considerarli un passo fondamentale per il raggiungimento della libertà degli Stati arabi ed islamici. Il femminismo in questa parte di mondo, inoltre, non è un fenomeno omogeneo; per analizzarlo in modo esauriente, occorre tenere conto delle realtà regionali, sociali, politiche e religiose di ogni nazione.

E’ molto importante, poi, ricordare l’esistenza di una corrente femminista molto forte che propugna una rilettura del Corano dal punto di vista delle donne e si concentra su una radicale riforma delle istituzioni di stampo patriarcale

Per fare ciò occorrono due elementi: uno è l’ijtihad, ossia la ricerca sulle fonti religiose ed il tafsir, cioè l’esegesi coranica. Accanto a questo tipo di studi c’è anche l’analisi approfondita della vita del Profeta e delle sue mogli

La base su cui poggia questa prospettiva è molto semplice: la discriminazione femminile nasce da una distorta ed imparziale interpretazione maschile e maschilista delle fonti. La subordinazione creatasi a causa di questo processo ha portato all’esclusione delle donne dalla vita politica, sociale, dalla formazione di una giurisprudenza islamica e all’oblio delle grandi donne arabe e musulmane che hanno fatto la Storia. 

Dunque l’errore non è nei testi, ma nell’interpretazione di questi. Non nella religione ma nel modo di intenderla. Il messaggio del Profeta non è, secondo le teorie di queste studiose, né misogino né maschilista ed il Corano può essere reinterpretato alla luce dei nuovi tempi e delle nuove società.

Oggi, grazie ad Internet, ai libri e alle riviste, le femministe hanno modo di farsi conoscere e spiegare le loro idee al mondo intero. 

Esiste, infine, una differenza che non può essere trascurata: quella tra femministe musulmane ed islamiste. Le prime vogliono affermare un Islam progressista guidato da istituzioni governative laiche, le seconde, invece, chiedono la realizzazione di Stati islamici, o influenzati dalla religione nelle loro strutture politiche fondanti. 

Per questi due gruppi il ruolo centrale dell’Islam non implica un ritorno al passato, ma una rilettura sociale e politica che rispecchi le nuove esigenze del XXI secolo.

Bibliografia

Pepicelli Renata, “Femminismo Islamico. Corano, diritti, riforme” ed. Carocci, 2010; 

Ahmed Leila, “Oltre il Velo. La Donna nell’Islam da Maometto agli ayatollah”, ed. La Nuova Italia, 1992; 

Camera D’Afflitto Isabella, “Letteratura Araba Contemporanea. Dalla Nahdah a oggi”. Ed. Carocci, 2006.

lunedì 23 luglio 2012

Mahmoud Said: quando la rivoluzione passa attraverso l’arte

L’egiziano Mahmoud Said (1897/1967) è considerato il pioniere dell’arte egiziana moderna. Nato ad Alessandria d’Egitto, città che sarà più volte protagonista delle sue opere, frequentò le migliori scuole ed ebbe una educazione molto raffinata. 

Per assecondare i desideri paterni, si iscrisse alla facoltà di Legge, lasciando che l’arte diventasse niente più che un hobby. Nonostante ciò Said continuò a dipingere e, all’età di cinquanta anni, nel 1947, realizzò il suo sogno. 

Lasciò la professione di giudice per creare opere destinate a rimanere nella Storia dell’Egitto moderno. Mahmoud Said non fu certo un dilettante: ebbe la possibilità di approfondire lo studio delle tecniche artistiche in Europa e di confrontarsi con altri pittori egiziani del suo tempo.

Il suo stile rimane, ancora oggi, unico ed inimitabile: i soggetti preferiti dell’artista erano il paesaggio egiziano, la sua Alessandria, il Mar Mediterraneo ricco di colori e sfumature e le scene di vita quotidiana. Said, infatti, amava ritrarre contadini e contadine vestiti con abiti tradizionali, tirando fuori l’anima dell’Egitto con tutte le sue peculiarità. 
 
I colori sono vivi, brillanti, accesi, il tratto deciso e drammatico. Inoltre il contrasto tra luci ed ombre dona alle figure una tridimensionalità, una vivacità ed una vividezza senza pari. Mahmoud Said seppe conciliare le tecniche artistiche occidentali con i temi della cultura egiziana grazie ad un raro talento ed uno spirito d’osservazione notevole. 

Probabilmente il quadro più famoso rimane quello dedicato all’inaugurazione del Canale di Suez, avvenuta il 17 novembre 1869 alla presenza di Napoleone III, dell’imperatrice Eugenia e di un personaggio molto conosciuto ed importante per l’Egitto moderno: il Khedivé Ismail. Il dipinto è custodito nel Museo dedicato a Mahmoud Said, ad Alessandria. 

Questo luogo, una splendida villa costruita in stile italiano, fu la residenza del pittore ed oggi ospita anche dipinti di altri famosi artisti egiziani. Venne inaugurato nel 1973.

venerdì 20 luglio 2012

La Sposa dell’Imperatore

Ho scelto questo bel film per inaugurare la sezione “Cinema” del blog. Forse molti di voi lo conoscono già e sanno che appartiene alla grande produzione, in costante ascesa, di Bollywood.

La pellicola, del 2008, è un grande affresco storico con venature feuilleton. Diretta da un grande regista come Ashutosh Gowariker (Lagaan-C’era una volta in India), narra le vicende d’amore e di politica alla corte della dinastia Moghul, nel sedicesimo secolo, al tempo del sovrano Akbar. Quest’ultimo, uomo tanto scaltro quanto violento, ha portato la propria stirpe a toccare la vetta del successo politico e militare.

Benché osteggiato e da alcuni definito senza mezzi termini un usurpatore, Akbar ha l’anima del leader e questo gli consente di mantenere il trono dosando sapientemente intelligenza, acume diplomatico e forza. Proprio da questo atteggiamento misurato nasce l’idea di un matrimonio di convenienza con Jodhaa, una stupenda principessa Rajput. Il matrimonio è, ovviamente, un’alleanza tra dinastie, l’anello di congiunzione tra i musulmani e gli hindu.

La principessa Jodhaa, però, non è certo una dolce e remissiva fanciulla. Determinata a mantenere ben salde le proprie radici, pone come condizione alle nozze di poter mantenere la propria fede e addirittura far costruire un tempio dedicato a Krishna all’interno del palazzo reale. Le richieste suscitano scandalo alla corte Moghul, ma Akbar le accetta.

L’unione tra i due sarà tutt’altro che semplice: il carattere di Jodhaa è fiero e determinato tanto quanto quello di suo marito. Quest’ultimo tenterà in tutti i modi di dimostrare la genuinità dei propri sentimenti alla bella principessa, delusa dal fatto di essere considerata poco più di un oggetto venduto al miglior offerente. Inoltre Jodhaa dovrà affrontare le invidie e le ripicche della nuova corte in cui si trova a vivere.

La sua peggior nemica sarà l’intrigante nutrice di Akbar, la cui smodata insolenza poggia proprio sul favore accordatole dal sovrano. In realtà il film non racconta solo la storia d’amore tra i due regnanti. Molto ampia è la parte, parallela e di uguale importanza, dedicata alle conquiste militari di Akbar e alla condotta politica del suo regno.

Purtroppo, data la durata totale della pellicola, più di tre ore e mezzo, questa narrazione è stata sacrificata per dare più spazio alle vicende sentimentali. Il regista ha lavorato molto sull’attendibilità storica, pur prendendosi alcune libertà per creare una storia dal sapore romanzesco.

Gli attori, a partire dai due protagonisti, Hrithik Roshan e Aishwariya Rai, sono perfettamente in parte. La bellissima Aishwariya spicca su tutti per eleganza, portamento, doti recitative e freschezza. Roshan dimostra di essere entrato pienamente tra le pieghe dell’animo complesso di Akbar, donandogli spessore ed anche simpatia. Le atmosfere impreziosite da meravigliosi e coloratissimi balletti in pieno stile Bollywood danno il tocco finale ad un film da vedere assolutamente.

Coreografie e scenografie da sogno sono lo sfondo di una storia d’amore e di guerra che non meritava di essere tagliuzzata in questo modo. Sono convinta che il pubblico occidentale la apprezzerebbe ancora di più se potesse vederla per intero. Lo stesso vale per le altre produzioni targate Bollywood. Il pubblico ha voglia di sognare. E se il sogno dura un po’ di più del solito, meglio cosi.

Dati tecnici

Titolo: La Sposa dell’Imperatore
Titolo originale: Jodhaa-Akbar
Regista: Ashutosh Gowariker
Soggetto: Ashutosh Gowariker, Haider Ali
Sceneggiatura: Ashutosh Gowariker, Haider Ali
Anno: 2008
Durata: 213’
Genere: storico
Interpreti principali: Hrithik Roshan, Aishwariya Rai, Kulbhushan Kharbanda, Sonu Sood.

martedì 17 luglio 2012

Il Viaggio di Ibn Fattouma di Nagib Mahfouz

Il Viaggio di Ibn Fattouma è uno dei libri più belli di Nagib Mahfouz. Un viaggio allegorico nella Storia, tra le società che hanno affrontato il tempo per creare la civiltà.
L’opera, pubblicata nel 1983, prende spunto dal genere riḥla, cioè la letteratura di viaggi risalente all’epoca medievale, richiamandosi ad uno dei suoi più celebri autori, Ibn Battuta. Il collegamento è reso ancora più evidente dall’assonanza tra il nome dello scrittore e quello del protagonista.

Ai critici non è sfuggito nemmeno l’intento parodistico di questa somiglianza e del romanzo stesso, che ricalca in chiave ironica i viaggi di Ibn Battuta. Quest’ultimo partì da Tangeri nel 1326 per compiere il pellegrinaggio rituale a La Mecca. Tornò a casa 25 anni dopo, portando con sé ricordi e aneddoti sulle genti che aveva incontrato ed i luoghi che aveva visitato.

Ibn Fattouma, invece, parte perché insoddisfatto della propria esistenza e del clima di ingiustizia e povertà che regna nel mondo musulmano, la Dar Al-Islam. Spera di riuscire a varcare i confini della terra di Gebel, luogo leggendario, perfetto, una vera e propria utopia di cui tutti hanno sentito parlare, ma che nessuno ha mai visto davvero. Crede, inoltre, che l’incontro con altri popoli possa dargli le risposte esistenziali che cerca, ma il suo diviene ben presto un viaggio tra le realtà socio-politiche più che tra le civiltà.

Nagib Mahfouz non ci dice in che tempo e luogo viva Ibn Fattouma, anche se sembra di scorgere tra le righe l’atmosfera del medioevo arabo.

La prima tappa di questo viaggio è la Dar Al-Mashriq, un territorio pagano e dedito al culto della Luna. Questo luogo rappresenta il primo passo verso la civiltà ed è dominato da una società tribale e matriarcale. E’ qui che Ibn Fattouma conosce Arousa, che diverrà sua moglie, ma anche uno dei personaggi chiave del romanzo.

La seconda tappa, Dar Al-Ḥayra, è un regno in cui il culto è dedicato ad un dio-re, padrone di tutte le terre. Qualunque ribellione viene punita con la morte. Dar Al-Ḥayra ricorda molto da vicino l’epoca feudale ed è proprio qui che Ibn Fattouma sconta ingiustamente venti anni di prigione.

Il terzo viaggio è verso Dar Al-Ḥalba, il regno della libertà assoluta, in cui non esiste religione di Stato e si fanno manifestazioni a favore delle unioni omosessuali con l’aiuto e la protezione della polizia. Gli abitanti di Dar Al-Ḥalba credono solo nella ragione ed il tipo di società in cui vivono rimanda a quelle capitaliste dell’Occidente. E’ qui che Ibn Fattouma si sposa per la seconda volta, pur non potendo dimenticare Arousa, di cui ignora il destino.

Dar Al-Aman è la tappa successiva: in questo paese dominano la giustizia e l’uguaglianza. Tutti lavorano e non esistono differenze sociali. Eppure in questo luogo la felicità è sconosciuta, mentre la tristezza e la frustrazione regnano sovrane. Ibn Fattouma si trova di fronte al sistema comunista e marxista.

La penultima tappa del viaggio è Dar Al-Ghurub, in cui il giovane si prepara fisicamente e spiritualmente per entrare a Gebel. Il suo addestramento viene interrotto dalla guerra ma egli, deciso a raggiungere la meta finale, non si scoraggia ed accetta di intraprendere l’ultimo viaggio pur consapevole di nojn essere pronto.

Il romanzo si interrompe prima dell’arrivo a Gebel, mostrandoci Ibn Fattouma e gli altri compagni di percorso intenti a scalare la montagna che li separa dal loro “paradiso”. Non sappiamo se riusciranno ad entrare: il loro cammino si ferma al presente della Storia umana. Il futuro non è che un’incognita. Non a caso l’ultimo capitolo si intitola “L’Inizio”; è la strada che l’Uomo dovrà compiere da qui in avanti, vivendo e sbagliando.

Ibn Fattouma viaggia alla ricerca di una società perfetta che non trova: ognuno dei luoghi che attraversa mostra le crepe dell’estremismo e dell’intolleranza. Ogni volta egli cerca il parere illuminante di guide e saggi dei paesi in cui mette piede, pone domande sugli usi, i costumi, il pensiero, ma la delusione lo accompagna senza dargli scampo.

Mahfouz, però, sembra suggerire che la soluzione ideale sia un compromesso tra capitalismo e comunismo. Sta all’Uomo realizzare un mondo che sia il più possibile vicino a questo ideale.

Il Libro

Titolo: Il Viaggio di Ibn Fattouma
Autore: Nagib Mahfouz
Casa Editrice: Newton & Compton
Pagine: 153
Prezzo: 9.90 euro
Anno: 2011

Trama

Quando la donna che ama e vorrebbe sposare gli viene ingiustamente sottratta da un uomo più potente di lui, Ibn Fattouma decide di mettersi in viaggio per raggiungere la mitica terra di Gebel, da cui nessuno ha mai fatto ritorno e dove spera di trovare saggezza e conoscenza per sé e la sua gente. Per raggiungerla, la sua carovana dovrà attraversare cinque nazioni, ognuna con la propria religione e il proprio governo. La prima è Mashriq, soggetta a un despota e abitata da schiavi nudi che inneggiano alla Luna; poi Haira, una nazione teocratica governata dall'esercito; la terza è Halba, terra di estrema libertà; segue Aman, società dove regnano giustizia e ordine ma nella quale sembra non esserci spazio per i sentimenti; infine Ghuroub, dove vige il culto della Ragione. Ibn Fattouma subisce un'iniziale fascinazione da parte di ciascuna, ma alla fine si rende conto che il dolore e la guerra regnano ovunque, tanto da temere che la stessa terra di Gebel sia solo un sogno. Pubblicato in arabo nel 1983, "Il viaggio di Ibn Fattouma" è una favola magica e raffinata sulla ricerca della società perfetta, sul desiderio mai appagato di felicità, ma anche, tra le righe, una velata critica a quell'Islam cui Mahfuz stesso appartiene.

Biografia dell’autore

Laureato in Filosofia, giornalista e sceneggiatore, Nagib Mahfuz è considerato unanimemente tra i più importanti scrittori arabi di tutti i tempi. Nel 1957 ha ricevuto il premio di Stato per la Letteratura, e nel 1988 è stato il primo autore arabo ad essere insignito del premio Nobel. Parallelamente alla sua attività narrativa, Mahfuz ha lavorato come dipendente del Ministero degli Affari Religiosi e ha ricoperto l’incarico di direttore del Dipartimento del cinema presso il Ministero della Cultura. Nel 1994 ha subito un attentato ad opera di fondamentalisti islamici. Nonostante la semiparalisi del braccio destro, Mahfuz non ha comunque mai interrotto il suo lavoro di scrittore. Tra le sue opere, sempre incentrate sulla cultura egiziana e sul rapporto affettivo dello scrittore con la città del Cairo e con la vita popolare dei suoi quartieri, si ricordano: Vicolo del mortaio, Il ladro e i cani e la Trilogia del Cairo. La Newton Compton ha pubblicato anche La battaglia di Tebe; Akhenaton. Il faraone eretico; La maledizione di Cheope; Rhadopis. La cortigiana del faraone; Racconti dell’antico Egitto; Il giorno in cui fu ucciso il leader e Un uomo da rispettare

Bibliografia

Nagib Mahfouz, Il Viaggio di Ibn Fattouma, ed. Newton & Compton 2011;
Rasheed El-Enany, Naguib Mahfouz. The Pursuit of Meaning, Routledge, Usa, 1993;

domenica 15 luglio 2012

Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash (1817-1855)

Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash, è considerato il fondatore del teatro arabo. Nacque a Sidone da una famiglia di commercianti cristiano-maroniti. Nel 1825 si trasferì a Beirut per motivi di studio e a diciotto anni cominciò a comporre i primi poemi.

Lavorò nell’ufficio della dogana, ma poi iniziò ad occuparsi degli affari di famiglia, intraprendendo numerosi viaggi. Nel 1846 Al-Naqqash si recò in Egitto e da lì partì per Napoli dove poté assistere a diverse rappresentazioni teatrali che lo colpirono profondamente.

Tornò a Beirut con l’intenzione di trasmettere ai suoi concittadini questa passione per il teatro. Organizzò, cosi, uno spettacolo in casa sua. Tra il 1847 e il 1848 mise in scena l’opera Al-Bakhil, L’Avaro. Il discorso introduttivo all’opera, in cui l’autore illustrò la sua concezione del teatro, divenne famoso per la frase: “Il teatro è un paradiso in terra e una festa senza fine”

Al-Bakhil è stata definita una “riwayyah mudhikah kulluha mulahhanah”, cioè “una pièce comica interamente musicata”, in cui ad ogni personaggio corrisponde una precisa melodia. Alcuni studiosi sostengono, ancora oggi, che l’opera sia un adattamento di L’Avare di Molière; altri sostengono, invece, che le differenze tra Al-Bakhil e L’Avare siano cosi tante e tali da far ritenere che Al Naqqash abbia creato un’opera originale, in cui il capolavoro di Molière ha avuto la funzione di ipotesto.

E’ vero, in effetti, che il drammaturgo libanese apportò molti cambiamenti alla storia, per venire incontro ai gusti dei suoi concittadini. Il testo di Al-Bakhil è in lingua fusha, versi e prosa rimata, mentre la lingua ammiyyah viene usata per caratterizzare personaggi di rango più basso. 

Gli attori furono membri, rigorosamente uomini, della famiglia di Al-Naqqash. Il pubblico era composto da notabili locali o dignitari stranieri. Al-Naqqash riprese alcune caratteristiche del teatro europeo, come la presenza del suggeritore.

L'autore ottenne grande successo e decise di continuare la sua carriera teatrale. Tra le opere più importanti si può ricordare Abu’l-Hasan Al-Mughaffal aw Harun Al-Rashid (Abu’l-Hasan l’ingenuo o Harun Al-Rashid) datata 1849/1850. Il testo riprende un racconto delle Mille e Una Notte ed è considerato la prima opera originale del teatro arabo. Scritta in prosa alternata a versi, è solo parzialmente musicata. 

Al-Naqqash non trascura nulla, riuscendo a rappresentare perfettamente la Baghdad del X secolo. Una curiosità: con questo autore per la prima volta nei copioni teatrali comparvero i segni di interpunzione.

Marun Al-Naqqash morì a soli trentotto anni a causa di una febbre contratta durante un viaggio a Tarso. Il teatro che aveva fatto costruire venne trasformato in chiesa dopo la sua morte, rispettando le sue ultime volontà. 

Bibliografia:

Monica Ruocco, Storia del Teatro Arabo. Dalla Nahdah a oggi, ed. Carocci, 2010 

sabato 14 luglio 2012

I pionieri del teatro arabo: introduzione

Il teatro arabo moderno nacque grazie all’intuizione di uomini e donne che videro in questo tipo di arte un mezzo di sviluppo sociale e culturale.

L’apporto della drammaturgia europea, per la sua importanza, è impossibile da trascurare. I viaggi degli intellettuali musulmani in Europa e le tournèe delle compagnie italiane, francesi, o inglesi nel mondo arabo e islamico contribuirono a questo prezioso scambio culturale durante il periodo della Nahdah, il “Risveglio” sociale ed intellettuale che per tutto l’Ottocento attraversò il mondo islamico. 

I protagonisti del teatro arabo capirono immediatamente il valore didattico di quest’arte, capace di descrivere e mostrare le situazioni della realtà, analizzandone con spirito critico il contesto sociale e politico. Il teatro, dunque, fu un mezzo di rottura, di crollo per molti tabù: le donne poterono assistere agli spettacoli fino a diventare esse stesse attrici; si misero in scena pièce riguardanti i personaggi della storia classica la cui memoria, fino a quel momento, era stata custodita gelosamente. 

Non mancò nemmeno una fervida critica alle autorità. Inoltre molti protagonisti del teatro arabo furono vicini ai movimenti nazionalisti, socialisti e riformisti. Utilizzarono il mezzo teatrale per veicolare le proprie idee e denunciare i problemi della società. Il teatro, però, ebbe anche un altro merito: riuscì a formare il pubblico, ad educarlo, a formare coscienze e spirito critico. 

Le prime rappresentazioni si svolsero in case private alla presenza dell’élite locale. Pian piano vennero costruiti teatri in grado di ospitare anche duemila persone, dove si ritrovarono, uno accanto all’altro, uomini di etnie diverse, di differenti credi religiosi, analfabeti e intellettuali. Prossimamente vedremo, per cominciare, tre figure di spicco della drammaturgia araba: Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash, Abu Khalil Al-Qabbani e Yaqub Ibn Rafa’il Sanu.

venerdì 13 luglio 2012

Vertigo: il primo thriller del mondo arabo

E' arrivato nelle nostre librerie, edito da Marsilio, il romanzo che è stato definito il primo thriller arabo, la prima spy story scritta da un autore nato e cresciuto al di là del Mediterraneo. 

 L’opera si chiama “Vertigo” (Virtigu, Dar Merit, 2007) e a firmarla è il talentuoso Ahmed Mourad. Egiziano, nato nel 1978, Mourad è un grafico, un illustratore, uno scrittore di detective story ma, particolare molto interessante visti i recenti avvenimenti storici, è stato il fotografo personale dell’ex presidente Mubarak. 

La critica sostiene che “Vertigo” sia il romanzo che ha anticipato, quasi previsto la Primavera Araba, per l’analisi profonda e puntuale di cause e conseguenze della decadente situazione sociale e politica egiziana degli ultimi anni.

La storia ruota attorno al fotografo Ahmed Kamal, unico testimone dell’omicidio di due uomini d’affare corrotti, la cui vita ruotava attorno al bar cairota frequentato da potenti e che dà il nome al libro. Ahmed verrà invischiato in un gioco più grande di lui e la città diventerà un luogo di fuga e, nello stesso tempo, di protezione. 

Tra le strade affollate, i bar e l’atmosfera notturna e labirintica, fatta di luci e danzatrici del ventre, il protagonista cercherà la soluzione all’enigma, avvicinandosi ad una realtà in cui le cose non sono affatto come appaiono. Prenderà coscienza dei cambiamenti, non sempre positivi, del mondo che lo ha visto nascere ed evolverà come uomo. Il titolo del thriller non può non richiamare alla mente il celebre film del grande Alfred Hitchcock, ma le somiglianze finiscono qui. 

“Vertigo” è già stato pubblicato in arabo otto volte e rappresenta una assoluta novità nel panorama letterario arabo. Lo scorso anno la casa editrice Bloomsbury Qatar Foundation Publishing lo ha, invece, pubblicato in inglese, riscuotendo un notevole successo. A tal proposito bisogna ricordare una piccola curiosità: il primo editore, indipendente, che accettò di dare alle stampe “Vertigo”, fu lo stesso che aveva già pubblicato “Palazzo Yacoubian” di Al-Aswani. Stando a ciò che riporta la critica, Mourad e Al-Aswani avrebbero in comune la stessa abilità nel raccontare le vicende politiche, storiche e sociali dell’Egitto contemporaneo, attraverso uno stile che intreccia storie diverse su differenti piani narrativi. 

Per Mourad la scrittura è stata una valvola di sfogo contro un regime in totale disfacimento; l’autore ha osservato la realtà e l’ha trasposta nella sua storia senza nasconderla o migliorarla. Per quanto riguarda i personaggi, si è affidato alla gente incontrata per le strade, come faceva anche Nagib Mahfouz, famoso per il suo acuto spirito d’osservazione oltre, ovviamente, che per il suo talento letterario. Le disuguaglianze sociali, l’ingiustizia, la ricerca di un mondo migliore, l’avidità, la malvagità, la corruzione, l’oppressione e l’assenza di libertà sono le parole chiave del romanzo di Ahmed Mourad. 

A proposito del romanzo, del potere della censura e dei rischi che si corrono parlando di un regime, lo stesso scrittore ha detto: “Il regime non ha letto il libro. A queste persone non piaceva affatto leggere. Credo sia stata la mia fortuna”. L’opera di Ahmed Mourad ha riscosso cosi tanto successo che in Egitto, durante il prossimo Ramadan, verrà mandato in onda il musalsal, lo sceneggiato tratto dal romanzo

Attualmente Mourad ha pubblicato una seconda spy story dal titolo evocativo: “Polvere di Diamanti” (Turab Al-Mas) e vorrebbe anche scrivere un libro dedicato alla rivoluzione egiziana. Per quest’ultima opera, però, non si sente ancora pronto; vorrebbe aspettare che i ricordi e le emozioni provate lasciassero spazio ad una maggiore razionalità, alla lucidità necessaria per poter affrontare con determinazione un argomento cosi sfaccettato e delicato. Stando a quanto ha riferito Mourad, ciò potrà avvenire solo tra cinque anni. 

Il giovane e coraggioso scrittore ha sentito l’impulso e la necessità di scrivere dell’Egitto. Emblematica è una sua frase riportata in un’intervista alla CNN: “Di giorno ero con Mubarak, di sera scrivevo contro di lui … Se non avessi scritto non me lo sarei perdonato. Decisi che qualunque cosa mi fosse successa, sarebbe stata la volontà di Dio”. 

Dati del Libro 

Titolo: Vertigo 
Autore: Ahmed Mourad 
Casa editrice: Marsilio 
Pagine: 367 
Prezzo: 18 euro 
Pubblicazione: 4 luglio 2012

Trama
Al bar Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, Ahmed Kamàl assiste per caso all'omicidio di due noti uomini d'affari. Fotografo di professione, imprime le immagini della strage sulla pellicola, ed è pronto a farle pubblicare, ma si rivolge al giornale sbagliato: i media del paese sembrano puntare a molta apparenza e poca verità. Intrappolato in una rete di giochi di potere, Ahmed per un po' trova riparo in un locale notturno, popolato da ballerine del ventre e attricette in cerca di gloria, accanto a uomini d'affari e politici: gente influente, persone che al mattino sulle pagine dei giornali sono nemiche, e di notte diventano alleate nel gioco delle parti, tutte riunite nello stesso locale in cerca di donne e alcol, a ostentare la propria ricchezza. Testimone scomodo, Ahmed tuttavia non intende tacere... Accolto in Egitto con grande entusiasmo all'arrivo della primavera araba, Vertigo denuncia il malcostume del paese, senza mai rinunciare all'ironia. Con il suo ritratto schietto di una polizia di stato losca e vendicativa e di una classe politica corrotta, Mourad racconta la difficoltà di trovare un vero modello per le nuove generazioni, il disordine che pervade la nazione, lo stato di vertigine perpetua in cui si confondono ruoli e concetti, dove chi difende i valori morali può subito dopo essere sopraffatto dal proprio interesse personale. Ma tutto questo non gli impedisce di affidare alle sue pagine un messaggio di speranza per i giovani...

Manifesto di "La Mano di Fatima"

“La Mano di Fatima” è un blog che nasce da una passione e non ha scopo di lucro. L’intento è quello di far conoscere la letteratura araba, che per troppo tempo è stata considerata “di nicchia” o “difficile da comprendere”. Niente di più sbagliato. 

La letteratura araba è molto più vicina al nostro mondo di quanto pensiamo. I temi e gli stili utilizzati dagli autori non sono affatto una materia ostica. Troppo spesso il pregiudizio ha portato gli occidentali a credere di trovarsi di fronte a qualcosa di irraggiungibile, o per pochi eletti. Per fortuna oggi le cose stanno cambiando ed anche le grandi case editrici sono disposte a rischiare di più pur di pubblicare autori arabi noti o esordienti. Certo il cammino è ancora lungo, ma con un po’ di buona volontà si possono fare grandi passi avanti. 

Questo blog vorrebbe togliere il velo di “incomunicabilità” letteraria che c’è tra Occidente ed Islam, spingendo i lettori a “buttarsi” alla scoperta di libri che, una volta aperti, rapiranno il cuore e la mente. Si parlerà di grandi autori come Nagib Mahfouz, ma anche di quegli scrittori altrettanto bravi e famosi nel mondo arabo ma, purtroppo, ancora sconosciuti da noi

Non potrà mancare una sezione dedicata alla letteratura suddivisa per Paesi e un’altra dedicata alle recensioni di libri più o meno recenti. Si darà spazio alle anteprime e ai generi letterari più seguiti nel mondo arabo. 

La Mano di Fatima, però, non si ferma qui: a breve nascerà una parte dedicata alle grandi donne arabe, che si sono distinte in vari campi, diventando delle vere e proprie pioniere. Inoltre si prenderà in considerazione non solo la letteratura di autori arabofoni, ma anche il filone, molto ampio, condotto da autori arabi e/o musulmani di nascita ma che scrivono in un’altra lingua (per esempio Fatima Mernissi). 

La Mano di Fatima, poi, vuole dare voce anche a quegli occidentali che hanno viaggiato nel mondo arabo e islamico, riportando impressioni e aneddoti di vita vissuta. Un caso su tutti: Gertrude Bell. La letteratura, come si sa, è strettamente legata alla Storia. Dunque non possono essere lasciati da parte approfondimenti di questo tipo, redatti in base ai libri che verranno recensiti. Anche la musica e le danze arabe, però, sono fortemente vincolate alla letteratura (pensiamo alle celebri canzoni-poesie di Umm Khulthum), dunque non possono essere accantonate. 

Troverete anche biografie scritte da occidentali che hanno raccolto testimonianze di donne costrette ad attraversare situazioni toccanti e terribili o, più semplicemente, hanno dato la loro visione del mondo arabo-islamico. Dunque non solo l’Islam e l’Oriente visti da chi è nato e cresciuto in quegli ambienti, ma anche da coloro che vi si sono avvicinati dall’esterno.

 Non è un caso che il blog si chiami “La Mano di Fatima” e l’immagine simbolo sia “La Grande Odalisca” di Ingres. Si è voluto rendere proprio il carattere composito del blog. La Mano o Khamsa, infatti, è un amuleto musulmano contro il male, legato ad una leggenda che vede protagonista la figlia del Profeta Muhammad, mentre il dipinto rappresenta la percezione dell’Oriente di un artista occidentale.

A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura
Francesca

Biografia

Inizia una nuova avventura, il blog di letteratura araba “La Mano di Fatima”.

Ci penso da parecchio tempo ed ora sono finalmente riuscita a concretizzarlo.

In questo post vi parlerò un po’ di me, per presentarmi in modo che possiate conoscermi meglio. Sono nata a Roma, sono italiana, ma fin da piccola ho sempre avuto la passione per l’Oriente. Il desiderio di conoscerlo ed approfondirne più aspetti possibile mi ha portato a laurearmi in Lingue e Civiltà Orientali a La Sapienza, curriculum di lingua e letteratura araba. Dopo la laurea sono partita per l’Egitto, per approfondire lo studio della lingua araba e della cultura islamica.

Ora sono di nuovo in Italia, per specializzarmi, ma un’altra passione che ho avuto fin da piccola si è affiancata a quella per l’Oriente: la scrittura. Attualmente collaboro con varie riviste e blog online, come Diario di Pensieri Persi, Speechless, Arabismo, Urban Fantasy, O Magazine, Egittologia. Net .
Inoltre ho in pubblicazione diversi racconti, ma di quello avrò modo di riparlare.

Tra le mie passioni non poteva mancare la danza del ventre, poi la musica, il cinema, la lettura, i viaggi e l’apprendimento di nuove lingue. Questo blog nasce per parlare di letteratura araba e non solo. Vedrete passo passo le novità.

Il prossimo post sarà proprio dedicato al manifesto del blog, ossia gli intenti e gli argomenti.

Spero lo seguirete numerosi e con la voglia di scrivere la vostra opinione, sempre nel rispetto della diversità di idee.

 A prestissimo.

 Francesca